il bello di essere ininfluenti

ne scrissi già un paio di anni fa e da allora nulla è cambiato nella mia condizione di scrittrice isolata. a questo punto confermo: essere ininfluenti oggi è un privilegio. se poi possiedi la consapevolezza che viceversa non cambi un cazzo, allora è roba da squirting.

contatti importanti interessati alla mia voce, compresa di subordinate e incise, ne ho a drappelli. ogni giorno se ne aggiunge qualcuno di semi Strega, Campielli, Viareggini, Teseini, incuriositi dalla mia capacità di parlare di politica e sesso estremo nella stessa pagina. anche editori e agenti, taluni, tra l’altro, invischiati nella spiacevole vicenda appena occorsa allo scrittore L.R.C. (subito “dolorosamente” scaricato dall’ambitissima Agenzia Letteraria U.S per aver offeso -in modo feroce e gratuito è vero- la scrittrice A.S.).
ma il passaggio dall’interesse personale al contratto, dalla simpatica telefonata e dai like a una proposta, nonostante mi avessero contattata loro, non c’è mai stato. e di questo li ringrazio.

lo stesso mi successe a 20 anni, uscita dalla Silvio d’Amico, quando facevo teatro d’avanguardia per 4.000 lire a sera e per campare lavoravo per i numeri erotici, e mi chiamò l’Agenzia Diberti, ma no una segretaria, no, proprio lei, la grande Marina. da non credere: mi aveva vista in una replica e pensava fossi il volto giusto per la grossa seria TV, proprio quella, su Rai 1 prima serata, La Piovra.
solo, avrei dovuto cambiare qualcosina. smettere il nero lutto che mi stava d’incanto, truccarmi poco e niente, avere una faccia pulita, non dire parolacce.

ma io non “faccio”, io “sono”. e sono attrice e scrittrice perché voglio vibrare, non fingere di farlo. perché l’arte è stata per me la rinuncia a tutto: figli, quattrini. per me fare questo rischioso mestiere significa inseguire un sogno, una visione, non studiare a tavolino una storia di successo e la maniera per promuoverla. che cazzo me ne frega delle visioni imposte da altri.
ammiro, adoro, anzi invidio questi che si leggono tra loro e s’insultano come se dalla fine dell’altro dipendesse il proprio successo, ma io ne voglio stare fuori, non voglio essere invidiata, studiata, attesa al varco, alla prima cazzata.

sto bene dalla parte degli outsider, non essere chiamata in causa, menzionata dalla scrittrice famosa, non dovermela fare addosso per quel cazzo di like messo sovrappensiero al post in questione. non dovermi giustificare.

il mio erotismo in salsa sociopolitica è qui. da leggere con due o una sola mano, dipende se vi eccita il rialzo dello spread.

qui un romanzo sex free sulla violenza domestica.

colto in fallo

è vero che Rousseau le cantava con tanta più classe ai suoi avversari, ma con parole più edulcorate neppure lui le mandava a dire, come si usa qui da noi, in tempi di comunicazioni super veloci e volgarità più moderne. a Diderot, però, certe cattiverie dette dal collega arrivavano, se arrivavano, con almeno un anno di ritardo, quando sarebbe stato perfino controproducente replicare.

fatto sta che ogni volta che un autore appena più in vista scrive una cazzata, fa una gaffe social (più o meno grave, perseguibile per legge oppure no), quando si lascia prendere dalla frustrazione di essere stato estromesso dalla grossa Agenzia letteraria, per esempio, o di sentirsi un imbecille alla ricerca d’immortalità tra altri milioni di imbecilli, e lo scrive magari senza omettere giudizi affrettati e livori mal riposti e in sovrappiù tralasciando la forma, ecco che giungono a schiere, richiamati dall’odore del sangue, i moralizzatori, i senza macchia, le decine di scrittori che commentano nel tentativo di dar mostra di sé:
della propria anima viceversa cristallina;
della propria correttezza;
della capacità di ravvisare deprecabili errori di ortografia nel post del diffamante;
dell’uso corretto dei congiuntivi e dei pronomi personali;
della propria onestà intellettuale;
della di cuore che a uno scrittore non può mancare.

al netto delle ragioni e dei torti, delle iniziali al posto del nome, della qualità letteraria dei due contendenti, ciò che mi colpisce ogni volta di queste orride beghe letterarie è che i moralizzatori, le diverse anime che compongono Il Clan di chi sta sempre dalla parte giusta e dell’autore con tiratura più grossa o più di moda, si comportano allo stesso modo del diffamante, del bruto, del cinico, e con la stessa brutalità e infamia e cinismo minacciano, colpiscono, augurano il peggio.

ogni volta che mi metto in finestra a guardare, penso a quanto sono fortunata a non appartenere all’ambito circolo di quelli che contano.

qui, e tanto per intenderci, un bellissimo e terrificante articolo sulle Redazioni, sulla mancanza di umanità di chi ci lavora.
qui il mio long seller eroticissimo fuori dal genere.
qui il mio romanzo Castelvecchi.
qui una mia foto nuda.

colpevoli di critica

ce n’è tanti di autori celebri (e non) che vanno di bacheca in bacheca alla ricerca di colpevoli di critica minacciandoli di querela. per lo più sono gli stessi che sguinzagliano amici e parenti in libreria perché controllino il posizionamento del loro ultimo romanzo, roba di cui personalmente mi vergognerei come una ladra, sempre che i ladri, oggi, si vergognino almeno un po’.

certo, sì, è verissimo, sebbene scrivano romanzi commerciali la maggior parte delle volte i leoni da tastiera esagerano, sono volgari, ingiustamente offensivi. però, spesso e volentieri la prosa di certuni offende un po’ tutti. il successo immeritato infastidisce l’autore che non ha mezzi per pagare editor, corso,  scuola, la cazzo di agenzia che vuole i suoi cazzo di 300 euro sebbene lo conosca da 10 anni, quella che gli sòla i quattrini per dargli in cambio una scheda striminzita, quella che poteva dirgli subito: i racconti non vendono, e invece te lo dice dopo averti tenuto sulla graticola per un mese (quando tutto va bene).

quando mi domandano come mai non ci sono più critici letterari in grado di non sfoderare la lingua a ogni novità da vetrina, rispondo che è per la stessa ragione per la quale negli ospedali mancano anestesisti: per fare certi mestieri è bene avere un ottimo Studio Legale alle spalle. considerando quanti autori sono pronti a farti il culo.

qui il mio ultimo romanzo Castelvecchi

qui i miei racconti erotici

 

 

come le serve

non che essere serva sia negativo, anzi, per chi ha lavorato in teatro per anni, recitare Genet è un traguardo, e a parte le battute, per una che come me ha frequentato gli ambienti fumosi del sadomaso, la condizione di serva credo sia l’unica che consenta di diventare padrona. ma “serva” è notoriamente quella che fa chiacchiericcio sui potenti e le loro abitudini, che ruba in dispensa e rivende farina per poche monete, che non sa leggere, che crede nel diavolo e nell’acqua santa.

e FB è un ottimo strumento per le serve. è utile a leggere cosa gli altri dicono e fa da casa di risonanza all’animo servile del Pincopallo in ascesa, al suo “gne gne gne” quotidiano nei confronti di un mondo brutto e cattivo, di una realtà fatta di gentaglia che non li capisce. ma mi domando che necessità abbiate di palesarvi quotidianamente, facendoci l’elenco di nemici e detrattori, se non per avvertirci che almeno qualcuno di voi si è accorto, o perché dobbiate sentirvi coinvolti in ogni discussione su letteratura ed editoria, come se tutto l’universo mondo fosse concentrato su di voi e la vostra ultima uscita.

che poi si fa veramente presto a dire “mondo” di una nicchia di persone che si parla addosso, che accorre a fiere semivuote e presentazioni noiose “soltanto per farsi vedere”. perché non so se lo avete notato, e in caso ve lo dico io, a parte un mucchio di frustrati che segretamente vi vorrebbero tutti morti, non c’è nessun altro a seguirvi, a cercarvi per selfie, a mettere like per inumidire le vostre zone erogene di “famosi”.

non bastassero le liti delle serve in TV, ci mancavate voi, novelli Rousseau, ad allontanare i lettori e a riferirci il lerciume di cui è fatto il mondo editoriale. e quindi fate bene a ricordarci con i vostri status quanto siete famosi. anche perché senza non ce ne accorgeremmo.

gollismi e scrittori perduti.

stanotte mi ripassavo tra le mani l’ultimo volume letto dello scrittore ebreo russo  (e poeta) Romain Gary, ultimo in assoluto finché Neri Pozza non tradurrà qualcosa di nuovo. “Delle donne, degli ebrei e di me stesso” è una raccolta di interviste (troppo breve) che parla di femminismo, argomento caro a Gary, di questione ebraica e guarda caso anche di gollismo, e di come per esempio tanti confondano patriottismo con nazionalismo, quest’ultimo sentimento tipico dei regimi totalitari e populisti, o che, pensando al Generale, lo si accosti con convinzione alla destra razzista, dimenticando che invece ha liberato l’Algeria dal giogo francese.

comunque sia, tutto ciò che di sensato si scrive è ormai inutile, l’80% delle persone “social e non” apre raramente un libro, parla per sentito dire, digita per affermare senza sapere, e combatte per farsi bannare, restando così delle proprie idee messe assieme guardando un po’ di TV.

Gary politicamente assomiglia a mio padre, un uomo sensato, insomma. afferma ad esempio che il suo essere di sinistra e antirazzista, perché l’autore di “Cane bianco” e “Le radici del cielo” non può essere definito altrimenti, non ha mai superato l’orrore della fede comunista, ossia del tesseramento senza possibilità di replica. Gary vota il programma e non l’ideologia,  il contrario di quanto avviene oggi nell’homus digitalis, che  va per slogan e nemmeno conosce i punti principali del partito cui aderisce, e che promuove in rete instancabilmente quasi fosse una questione di onore personale.

da questa esperienza letteraria durata più di un anno, ho guadagnato un amico per la vita, (fossi ancora giovanissima anche un amante, ma Gary le voleva ragazze), un gran carico di informazioni e un racconto su di lui che proporrò inutilmente a un Concorso, ma senza rancore, perché soprattutto, l’uomo dagli occhi “trasparenti come zaffiri” mi ha insegnato che la critica letteraria era inutile e poco obiettiva anche 50 anni fa, e che sono sempre i meno meritevoli a salire sul carro dei vincitori, checché ne dicano certi addetti ai lavori.

qui il mio ultimo libro.