da quando a gennaio caddi dal sesto gradino di una scala, in giardino, qualcosa dentro di me è cambiato, per sempre. quel mattino mi sarei dovuta sedere subito in posizione di Loto e meditare, e invece no, andavo e venivo per casa in erratico, farneticavo sul successo a mio avviso immeritato di un collega. sì, sono caduta come un ciocco di legno mentre piangevo e parlavo da sola. perché l’invidia fa parte del mestiere, e se lo negate avete uno stipendio fisso o siete ipocriti come per gli auguri al Berlusca. qui ognuno è la forchetta nella zuppa di un altro, perché non c’è successo duraturo, può bastare uno shit storming per minare la reputazione della cocca dell’Agenzia.
da gennaio si è rotto qualcosa (oltre al piede) e oggi di quello che fanno i colleghi non me ne frega più un cazzo. delle recensioni, degli editori che ne parlano, delle fiere, dei lettori che li esaltano. parliamo sempre di due spiccioli, parliamo di un pugno di copie vendute, di una soddisfazione infinitesimale, di questione che cambia poco la nostra esistenza, di petecchie.
quello che fa la differenza, più che l’Agenzia che ti si piglia senza farti pagare, è scrivere, scrivere, scrivere. così ho creato uno pseudo per liberarmi dal fardello della ricerca di un editore che si occupi di quello che è mio, con lo stesso rispetto che io ho avuto nel firmare il suo contratto. perché è la mancanza di rispetto che uccide. il miracolo, invece, in questa merda editoriale, è aver finalmente trovato una editor straordinaria, che scrive come pochi. e dopo 8 anni di ricerca mi pare un miracolo.
Io e il Minotauro, il mio ultimo romanzo
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