intimità

ieri leggevo una discussione tra due feisbukkiani, per la verità sconosciuti, sull’opportunità o meno, anzi, la volontà o meno, di donare un rene al proprio compagno o compagna. uno di essi, che sosteneva di aver ricevuto il fegato da un donatore, trovava disgustoso leggere su FB di una questione così delicata.

io anche.
credo che certe faccende intime dovrebbero restare a casa. perché il media è il messaggio e FB serve a “comparire”, esserci, fare parte di una comunità che sta sul social per guardare e farsi guardare, la diffusione delle notizie è questione secondaria, aggiunge comunque valore al nostro profilo.
parlare di donazione di organi su FB, (questione che coinvolge anche altri ambiti), o della propria infinita generosità (e se leggono di ogni), significa manifestarla per egocentrismo. non c’è buonafede, la buonafede sta nell’allungare un assegno da diecimila euro a un ente benefico e non farlo sapere neppure a vostro marito, la buonafede e la carità sono nei viaggi a Lourdes senza selfie e proclami, nel fare volontariato in Caritas.
non ci prendiamo per il culo, tutto il resto è poco autentico, pornografico, di pessimo gusto.

opponiamo scuse fantasiose, ossia che il nostro desiderio è comunicare fraternamente, ma si tratta di esibizionismo, perché a nessuno importa veramente di che cosa facciamo dei nostri reni, e se ci importa, è soltanto perché entriamo in simbiosi, come con il vitellino e l’agnellino che ci fanno diventare vegetariani, e ci sentiamo noi stessi agnelli e donatori assieme all’anonimo profilo, ossia entriamo in parte, ci immedesimiamo con la sua malattia e il suo dramma. ma niente di più.
passati al profilo successivo abbiamo già dimenticato. come quando ci fermiamo in autostrada a contare le macchie di sangue sull’asfalto, soltanto per gioire di essere ancora vivi.

 

scrittrice senza figli

ecco perché non credo nella correttezza giornalistica e politica, perché meno che mai credo in quella #social, o mediocratica (dei mediocri), che loda l’umiltà e mortifica il carattere, come non fosse quello l’unico motore per arrivare alla creazione significativa, alla vittoria delle idee, laddove esistano ancora idee da far vincere. sulle “cicciottelle”, e sulla odiosa rivolta #social di chi per il resto dell’anno chiama “nano” il Ministro Brunetta e “puttana” la Ministra Boschi, sorvolo, ma due settimane fa fu proprio una “mamma” a precipitare da un balcone, e mi domando se avrebbero dato comunque la notizia non avesse avuto figli; spesso sono anonime mogli, fidanzate, colleghe, ex, a essere uccise.

queste Olimpiadi sono piene di eventi extra competizione che m’infastidiscono, che nulla hanno a che vedere con la disciplina sportiva praticata, ma con il pettegolezzo #social, con l’orgoglio gay, o con la possibilità, forse, di scrivere un romanzo, di accumulare follower, di accalappiare sponsor. e se è cambiato il giornalismo, da sempre a caccia di titoli curiosi, la concezione dello sport varia a seconda del nemico da combattere: e aiutare la collega, in tempo di guerra, è l’unica risposta possibile, mettendo da parte le qualità della gara.

la Cina, finalmente lontana da campi di lavoro e dall’oppressione comunista, stando almeno ad alcuni infuocati  commenti twitteri, sposa l’esibizionismo occidentale con una proposta di matrimonio commovente ma fuori tema, perché tutto fa spettacolo, anche la guarigione dal cancro può essere usata perché il pezzo sia letto, tutto serve a emergere dal mare magnum di anonimato in cui tutti ci troviamo, anche se soltanto per un’ora, anche se solo come “camionista ubriaco” uccide famiglia di istrici, o come “scrittrice senza figli” regina dei Romance.

oggi vi racconto quella di Pablo

sono da poco sui social. la mia relazione è finita malissimo. tracollo economico, sociale, corna pubbliche, la gente mormora, casino boia. peggio di un dramma brasiliano anni ottanta, del tipo che se quello non si era fatto anche mia ginecologa era soltanto perché non la conosceva.
ovviamente avevo un po’ di situazioni tra le mani ma prima di scegliere volevo esplorare, insomma, la libertà della singletudine la conosciamo.

così metto un annuncio. non vi dico dove ma si può intuire. cerco il peggio del peggio, qualunque cosa riempia la voragine che una presenza ingombrante che se ne va finalmente affanculo ha creato, diciamolo pure, nel mio cuore.
quindi sono assai ben intenzionata. soprattutto dopo che il mio massaggiatore mi ha comunicato della totale chiusura del secondo chakra.
non devo cercare quello con la testa, non badare troppo agli svarioni lessicali, alle banalità che già immagino digiteranno da lì a nemmeno tre minuti. perché gli arrapati stanno sempre on line, che valgano qualcosa o meno è secondario.

Pablo si presenta come un pieno di luoghi comuni. per evitare polemiche letterarie, qui fuori luogo, non farò l’elenco dei suoi scrittori preferiti, e nemmeno degli abitini da sexy shop che mi metteva addosso nelle sue fantasie terra terra.
se cerco il peggio l’ho trovato.
invece no.
lui è un sentimentale. digita messaggi lunghissimi, invia e vuole foto che io però non gli mando.
mollo e lui insiste.
non rispondo ma lui non demorde.

basta. gli do appuntamento. io vivo in centro non c’è problema.
discutiamo a lungo sul luogo dell’incontro, la festa del PD a Caracalla non è il massimo nemmeno per me, ma c’è un “segretario qualcosa” che mi piace, male che vada gli domando un passaggio a casa e chiudo bene la serata.

ma Pablo si nega.
Pablo è uno di quelli che il “suo coso” te lo fa vedere soltanto per foto.
un esibizionista, per usare termini tecnici.
ce ne sono a milioni, e a leggere l’ultimo romanzo di Albinati si capisce anche perché i maschi picchiano, uccidono, fanno finta di venerarci ma ci vogliono ancora sotto.

Stavo per venire da te quando la mia fidanzata si è suicidata lanciandosi dal sesto piano, ho saputo dalla sorella che era incinta di me“, a sua madre è preso un infarto. questo l’sms fantasioso di Pablo l’esibizionista.

arrivo alla Festa del PD felice e contenta.
il tizio “segretario qualcosa” nemmeno c’è.
meglio così.