L’arrivo del virus nel mondo

Corriere_

il mio pezzo sul Corriere del Mezzogiorno 29 marzo 2020

Sembra passato un secolo, eppure soltanto un mese fa i TG mandavano in onda da Bristol l’ultimo appello di Greta Thunberg ai potenti del mondo, viceversa occupati a sedare guerre e a farne scoppiare di nuove: la salvezza del pianeta siamo noi, urlava alla platea di giovani la sedicenne con le trecce. Sulle time line dei social media scorrevano i dati delle temperature da record in Antartide, le terrificanti immagini di orsi raminghi e denutriti e ghiacciai sciolti; dall’Italia si leggevano le quotidiane denunce per i meravigliosi pini marittimi capitozzati durante la notte, e raccapriccianti scene di guerra assieme a vignette ironiche sul nuovo virus influenzale in Cina: il Covid 19.

Poi, in pochissimi giorni, questo minuscolo granello di materia che ci sazia da milioni di anni e ci contiene, esattamente come un corpo contiene batteri e virus, ha starnutito, mettendoci tutti a tacere.

Il virus è arrivato. L’Italia è stata colpita, L’Europa, gli Stati Uniti.

Gli ultimi dati a disposizione trovati in rete, che si riferiscono alle rilevazioni sino al 4 marzo 2020, parlano chiaro, il taglio della produzione industriale nella sola Cina ha portato a una riduzione di circa 200 milioni di tonnellate di anidride carbonica. In meno di tre giorni dal decreto del nostro Premier, anche nelle città del nord si respira aria di montagna; le strade deserte sono frequentate per lo più da gatti, cani, volpi e cinghiali; le foto di Piazza Duomo e Piazza Navona sembrano scattate in un’epoca lontanissima.

Nessuno può gioire per questa situazione, anche perché il virus è democratico e non c’è chi possa sostenere di essere fuori pericolo, in salvo, neppure Trump, la perdita economica del Paese è ingente, così come quella dei liberi professionisti, delle migliaia di Partite Iva ingiustamente escluse da qualsiasi provvedimento “a supporto dei cittadini”, però mi domando se non sia il caso che ci si fermi tutti, anche lassù, per domandarci quale costo di vite abbia, e soprattutto avrà, la politica industriale praticata negli ultimi cento anni, quando poi, costretti a rimanere al chiuso delle nostre case, ci ritroviamo a non sapercene che fare delle inutilità di cui ci siamo circondati.

Costretti alla reclusione domiciliare, pena multe salate o arresto, quando anche i social hanno perso il ruolo di mezzo per dimostrare al mondo quanto valiamo, esauriti gli argomenti – il capufficio dispotico, la collega carina, l’automobile superaccessoriata che vorremmo sopra ogni cosa, la maestra del figlio che ci sta antipatica, il corso di scrittura, la palestra affollata- ecco che ognuno è messo di fronte a quello che rimane. Allora si è costretti a pensare e a parlare guardandosi negli occhi, proprio come in un dramma mitteleuropeo, e, mentre in sottofondo gli anchorman propongono quotidianamente nuovi argomenti con cui distrarci, ci troviamo di fronte alla persona con cui abbiamo scelto di condividere l’esistenza e che ormai vedevamo per lo più su Facebook, quella che a sera, al termine di una cena sbrigativa, distrutta dalla giornata di lavoro, ci diceva “ciao amò” e ci sedeva accanto sul divano per sonnecchiare davanti alla televisione, altro diaframma necessario tra noi e il reale. Allora notiamo la sua evidente distrazione, quella che prima del virus credevamo stress da superlavoro, e il nostro improvviso disinteresse per quel “nessuno” che ci aveva catturato il cuore con i suoi “buongiorno tesoro” corredati da una valanga emoticon.

Ecco che tutte le indispensabili distrazioni da un’esistenza che ci ha costretto a vivere per lavorare hanno esaurito in pochi giorni la loro funzione. Azioni automatiche come prendere cellulare e caricatore non occupano più la nostra mente. E se la nostra esistenza si svolgeva per lo più fuori dalle mura domestiche, se tra cene, passeggiate per il corso con le amiche e presentazioni di libri, riuscivamo a evitarci, ecco che adesso, il confronto con ciò che siamo diventati è inevitabile.

Quando da bambina mi ammalavo, mia madre mi consolava dicendomi che stando stesa mi sarei allungata, che sarei cresciuta tanto da potermi sedere all’ultimo banco, mia massima aspirazione. Quello che penso, e spero, è che questo virus che ci ha colpiti, indistintamente e, ripeto, senza distinzione di censo e nazionalità, conduca tutti noi a una crescita profonda e che, soprattutto, ci convinca a riflettere su quanto sia importante la salute del nostro splendido pianeta e a fare finalmente qualcosa.

Elena Bibolotti si è diplomata alla Silvio d’Amico. Ha pubblicato diversi romanzi. In questi giorni in libreria con il romanzo “Io e il Minotauro”. bibolotty.wixsite.com/ilmiosito

 

buona delazione a tutti

vi state scannando su cani a spasso, corsette in solitaria per i boschi, la passeggiata del nonno sul corso deserto; scrivete oscenità indegne di voi sulla vicina che va a far la spesa due volte in una settimana perché si è dimenticata di comprare proprio la pasta, sulla ragazzina che canta al balcone; sperate che la vostra frustrazione e sofferenza sia quella di tutti; siete nati con la necessità di odiare; chiedete l’esercito e la corte marziale dopo essere andati a fare incetta di alcol e mascherine appena iniziata l’epidemia, fottendovene del prossimo.

pregate, invece, se non avete dimenticato come si fa, pregate per i medici e gli infermieri, per i morti e le famiglie private anche del rito della sepoltura. e se pregare non vi si addice provate a leggere qualcosa che non sia la time line di FB, così da scoprire che la maggior parte della gente in giro va a lavorare in fabbrica e senza protezione perché così ha deciso Confindustria.

 

comunque: buongiorno delatori e Viva l’Italia!

Legenda per i malpensanti:

  1. non possiedo cani ma gatti
  2. non esco da casa dal 2 gennaio, quando caddi da una scala e mi ruppi un piede. a causa del virus non posso più fare fisioterapia e mi arrangio con il pilates NEL MIO GIARDINO, ma non mi lamento.
  3. sono misantropa. non ho mai fatto una passeggiata per il corso con un’amica: ho poche amiche. odio uscire, vedere gente. al limite viaggio. passo la vita a leggere e scrivere: questo virus non mi causa scompensi.
  4. da buona precisetti con ascendente in Vergine faccio una lista della spesa puntualissima.
  5. non ho figli che cantano sul balcone.
  6. credo che fossi adolescente canterei sul balcone e scapperei di casa ogni giorno.
  7. da 25 anni pratico la meditazione profonda; da 25 anni ho abiurato al cattolicesimo per frequentare una Scuola filosofica Buddhista che comprende l’esercizio della compassione, della comprensione e il perseguimento del bene comune.
  8. degli articoli non leggo soltanto il titolo
  9. la pratica del giudizio è pornografia
  10. la delazione è un’oscenità, sempre
  11. #Iorestoacasa

un volto italianissimo

Una desolata certezza era nel suo volto pallido, italianissimo: una compostezza italiana in tutto il suo atteggiamento, pieno di semplicità e di dignitoso decoro“.

queste due righe sono tratte dal lungo racconto, intitolato Il castello di Udine, che Carlo Emilio Gadda fece della prima guerra mondiale. scene sparse di una poesia e di uno strazio oggi inimmaginabile: perché sui monti ci morivano i ragazzi, anche e soprattutto, perché si combatteva per fare l’Italia, e vecchi, e giovani,  morivano assieme. e questo è il mio mondo privato e per lo più notturno, quello ricevuto in eredità da mio padre morto a 62 anni mangiando ricotta e cioccolato, morto a 62 anni perché il cuore non avrebbe retto a tutto questo. e questo è il sentimento, perfino patriottico che mi avvince quando sono tra me e me, e che ritrovo nelle lettere di mio nonno, nelle parole di mia madre.

poi, come un incubo arriva il giorno e l’anziana signora che ghigna alla cassa del supermercato, col carrello ricolmo in vista della temibile pandemia, e che mi guarda, io col  vasetto di sugo in mano e nient’altro, e dice, per difendersi ancor prima dell’attacco: eh, ma se faccio passare pure te… . la cassiera fa spallucce: sono sola dietro di lei, non c’è nessuno in fila perché sono le 14:00 di domenica, e non gradisco nemmeno mi si dia del “tu”.

poi, come nel peggiore dei mondi possibili, al dignitoso decoro, italianissimo, del ventenne morto ammazzato sui monti tra il tuonare delle bombarde, vedo contrapporsi l’anziano social (esibizionista, a caccia di like) che, aizzato da i titoli dei giornali, maledice tutti i giovani della terra che osano riportare la notizia, il dato di fatto incontrovertibile, purtroppo, che il #Coronavirus miete più vittime tra gli anziani e gli immunodepressi. nessuno gioisce, è una notizia, un dato di fatto. e poi si muore tutti: basterebbe ricordarlo, di tanto in tanto, per vivere più dignitosamente.

qui il mio sito con recensioni, interviste e foto

in libreria il mio quarto romanzo Io e il Minotauro 

artisti a stipendio

rivendico a gran voce il coraggio dell’artista puro, di chi già al liceo aveva la testa al palcoscenico e perciò era sempre impreparato, umiliato dalla propria stessa intelligenza: mi meraviglio di te, che brutta delusione, torna al banco.

sì, faccio il tifo per chi ha scelto la strada meno certa, all’orizzonte l’ipotesi di finire in un ospizio pubblico in braccio a un’infermiera sadica; applaudo soltanto chi, come tanti attori e musicisti che resteranno nella storia, è rimasto in punizione chiuso nella propria stanza, durante una giovinezza piena di “ma dove credi di andare tu”.

non contemplo nemmeno l’eccezione rarissima alla regola dell’ottuso che, anziché starsene buono in platea, e applaudire e imparare, giggioneggia recitando per anni sempre lo stesso Pirandello, il petto gonfio di soddisfazione, la qualifica di “artista” sul profilo FB. lui, che ha la compassione del tergicristalli in movimento sul cadavere di un moscerino, che non sa neppure come si sta in quinta, come ci s’inchina al pubblico, come s’impagina un romanzo o si arreda un camerino, ma che ha quattrini sufficienti per pagare perfino il pubblico. lui, che rompe il silenzio degli eterni scontenti, che ha voluto e potuto replicarsi, sicuro e certo di lasciare ai discendenti una casa con mutuo pagato, e che a sessant’anni, e con 15 mensilità sicure, si permette battute umilianti sul vecchio artista che si muove sul palco come un triste clown.

lui, che si è risvegliato all’arte a cinquant’anni, non e non sa cosa significhi fare marchette, salire le scale del Monte di Pietà, lavorare a serata in pizzeria o vivere in una casa condivisa fino a 40 anni, non merita che il rumore che produce.

oggi le mie meditazioni andranno a un artista puro, Kirk Douglas, che ci ha lasciati all’età di 103 anni.

qui il mio sito

tra pochi giorni in librerai il mio quarto romanzo “Io e il Minotauro” edito da GiaZira scritture

cronaca nera

è vero, al mondo accadono atrocità fuori dal comune. preti pedofili, guerre, donne ammazzate, animali torturati, le vittorie elettorali di Salvini e Meloni. ma la nostra sofferenza non è forse da imputare a chi ci riferisce certe notizie aberranti?, alle immagini che pur non cercando ci troviamo davanti agli occhi ogni giorno?, ai fatti che pur non volendo sapere siamo costretti a leggere? non siamo peggiorati. certo viviamo un periodo oscuro, del tutto privo di gentilezza e umanità. ma penso che ogni epoca abbia avuto la sua buona parte di bestialità.

i roghi della Santa inquisizione, tanto per cominciare e non andare troppo indietro. pensiamo a Londra durante la rivoluzione industriale, alle abitazioni fatiscenti degli operai dove si dormiva stipati in 10 e dove si consumavano i peggiori atti contro natura. uccisioni per strada, nei vicoli.  ci siamo dimenticati i moti del nostro dopoguerra al sud, la barbara uccisione delle sorelle Porro a Andria? le ragazze madri  gravide di fratelli maggiori e padri?, ma anche negli anni ’50 a Roma con la popolazione che viveva nelle baracche vendute ai meridionali per centomila lire; alla violenza nelle periferie come nelle case borghesi, dove l’educazione femminile prevedeva fustigazioni, cure del sonno ed elettroshock.

non siamo peggiorati. siamo soltanto più informati sulla nostra disumanità.

qui Pioggia Dorata

qui il mio ultimo romanzo Castelvecchi