diritto al consumismo

non diritto al comunismo, no, ma al consumismo: soddisfacimento indiscriminato di bisogni non essenziali, alieno da ideali, programmi, propositi, tipico della civiltà dei consumi. e adesso che Fidèl è morto, mia cognata si sentirà ben in diritto di prendermi per il culo per la bandiera rossa che conservo ripiegata nel cassetto della biancheria tra tralci di lavanda, vecchi numeri del Manifesto e sex toy.

il comunismo è rimasto nella memoria di molti uno spaventoso spettro che si aggirava per l’Europa non per ledere gli interessi di quattro stronzi al potere, ma per togliere la libertà dei popoli a lavorare come schiavi per poter ripagare ciò che essi stessi producevano. comprese le case, che gli schiavi hanno comprato pagando interessi enormi , dopo anni di lotte, per farsele infine espropriare dalle stesse banche cui avevano chiesto quattrini. si ammazza per soldi, si campa soltanto per quello.

la realizzazione di sé passa soltanto attraverso il denaro: pubblichi libri? e quante copie vendi? la bravura e il talento sono commisurate alla fama, peccato non ricordare che chi è rimasto nella storia della letteratura non abbia mai avuto grandi onori da vivo, che Beckett vendeva 300 copie e la Duras poche di più. Perché l’arte deve essere innovativa e l’innovazione, si sa, fa paura.

e ora che il cervello ci è andato del tutto in pappa, grazie sicuramente alle onde magnetiche dei cellulari ultrasottili, che non c’è prova facciano male e intanto friggono i nostri neuroni, ora che la sinistra mangia da Eataly, nonostante il trattamento che l’azienda riserva ai propri dipendenti, e compra abiti da H&M che costringe gli operai a turni estenuanti di lavoro e senza garanzie, ora che il comunismo è veramente un fantasma, i popoli saranno finalmente schiavi senza che nessuno ricordi loro che potevano essere liberi.

6 pensieri su “diritto al consumismo

Lascia un commento