io sono bella

è il titolo del nuovo album (assi interessante) di Emma Marrone, che parla di autostima, del volersi bene anche se non siamo come i social ci vogliono, e come ci vorrebbe il pubblico e il fidanzato e il padre e che palle siete tutti quanti.

ma ammettendo pure che un giorno si riuscirà a venir fuori dalla dipendenza dalle app di ringiovanimento e dalle punturine vitaminizzanti, mi domando come mai nel 2019, a pochi passi dall’ecatombe dell’umanità (o della sua dissipazione, come vorrebbe, e giustamente, Guido Morselli), a pochi mesi dell’epifania climatica, mi domando come mai ci sia ancora qualche imbecille che ci misura il giro vita e donne che lo prendono sul serio. 

una Ministra scelta per competenze e serietà è raggiunta dagli insulti sessisti di Daniele Capezzone, personaggio comparsa della politica italiana, chiamiamolo piuttosto un disturbo, cresciuto in seno ai radicali e passato a stipendio dal Cavaliere come spin doctor. e questo dovrebbe scalfirla? abbatterla?

be’, forse sì, se continuiamo a dare importanza a certe merde galattiche. perché talvolta penso che la pezza dei social sia peggio del buco, che la classe sta nel sorvolare, che in definitiva dell’età della moglie di Macron non mi sarei neppure accorta non me avessero fatto notare i social, i giornali, Feltri.

ecco. purtroppo per certe nullità uno shitstom è manna dal cielo.

in attesa di gennaio e del mio nuovo romanzo sulla manipolazione relazionale, trovate qui Conversazioni sentimentali in Metropolitana (Castelvecchi) e qui Pioggia Dorata

ginepraio

ieri sera anche mia madre mi ha sgridata: «Potevi fare a meno di difendere la Deneuve», ha tuonato da Bari, dopo aver visto Otto e mezzo e la Boldrini condannante.

intendiamoci, ieri io non ho difeso la bella bionda, ho difeso me stessa dalle aggressioni di una nazifemminista cui avevo appena chiesto l’amicizia, e ho strenuamente tentato di spiegarle che il discorso era più ampio del titolo di cui tutti parlavano, oltre che scivoloso assai. lottiamo contro le fake news ma poi ci fermiamo alla superficie delle cose, digitiamo cazzate come “distribuire gentilezze a caso” e poi mordiamo chiunque si permetta di non pensarla come noi. già solo per questo io sto con la Deneuve e lo stuolo di intellettuali, compresa Catherine Millet cui Sandra Petrignani, sulla quarta di copertina di Justine 2.0 gentilmente mi paragonò, e scusate se cito con orgoglio “Elena Bibolotti ha la rara capacità di trattare il tema erotico rispettando l’immaginario femminile e andando a fondo di tematiche scabrose con la visione originale -trattata seriamente da pochissime autrici (penso a Elfiede Jelinek e Catherine Millet) che appartiene al sentire delle donne”. quindi fermatevi a pensare prima di infilare i vostri denti nella mia carne: scrivo di donne, sto con le donne, ma le donne sono tante e diverse.

leggendo quei titoli ho pensato anch’io si fossero tutte rincoglionite, e che l’età è un brutto male. ma conoscendo la libertina Millet sono andata a fondo, ho passato il pomeriggio a leggere articoli anche in francese scoprendo che i nostri cugini mangiabaguette non sono così proni ad accettare le cafonerie americane, e ce lo hanno dimostrato anche in passato, mi pare, sono figli del pensiero libertino, loro, al contrario di noi hanno letto e compreso de Sade, non come chi riduce  il Maestro a divertente lettura erotica spacciandosi per gran conoscitore del genere, loro, giustamente, vedono del male in questa agghiacciante caccia alle streghe dei quaccheri che non vuole contraddittorio.

io non vado per slogan, mi fanno cagare certe formulette sul paternalismo e sul sessimo: sono libera. per me è discriminante che un uomo molesti, quanto che una donna usi la figa, di propria iniziativa e con l’intenzione di farlo, per ottenere un posto di lavoro. ragiono sulla faccenda da anni e ne faccio romanzi, non ho certezze, però cerco un punto d’incontro.

siamo o non siamo le due metà della mela? 

qui il mio ultimo romanzo “Conversazioni Sentimentali In Metropolitana”

lezioni di vita gratis

erano anni che su FB nessuno più mi veniva a dare lezioni di vita. questo perché mi guardo bene dal farlo io per prima e dal commentare sotto bacheche troppo frequentate, come quella dell’amico Fulvio Abbate. ma l’articolo pubblicato ieri sul Berlusca decrepito, cui nessuno consiglia di smettere di truccarsi, era troppo goloso (ah, lo trovate qui). e insomma, per difendere la povera Mara Carfagna, chiamata in causa amichevolmente sul pezzo de Linkiesta, mi son trovata con le mani sulla cattedra bacchettata davanti a tutti dall’esimio sconosciuto: “che, lei c’era quando se lo spupazzava?“. ho sempre difeso la Ministra e ho usato il termine “spupazzare”, non altro. che fossero culo e camicia si sa: era sempre a Palazzo Grazioli per cene ufficiali (o forse “cene ufficiali” devo scriverlo a caratteri cubitali?), e volendo mettere da parte Guzzanti e le presunte intercettazioni (ho scritto PRESUNTE EH), non ho digitato nulla di sessista: erano amici, punto, si sa, stesso partito. fine, cazzo.

quindi due. ben due maschi all’attacco in una sola giornata: nervi scoperti, evidentemente. stress da denuncia ritardata di molestie, signori poco dotati di ironia e di senso della misura: siamo su FB, non in seduta parlamentare, non in assemblea permanente sulla questione femminile. e un’ultima cosa, giusto un consiglio ai Professori con bacchetta: quando volete attaccare qualcuno, almeno date una scorsa alla time line del malcapitato. infine, in linea generale, non è che perché si fanno battaglie per la parità dei diritti e per l’impiego femminile e contro la violenza, io poi debba difendere tutte le donne del pianeta sempre, comunque e qualunque cosa facciano o dicano. se una è stronza lo è seppure donna, e glielo si dice.

(p.s. a quello che mi ha fatto la ramanzina su Amazon: se tu hai usato la piattaforma schiavista fino a ieri, sappi che io non ho nemmeno la Postepay, ma che se le librerie -grandi, medie, piccole-, campano esclusivamente grazie a Fabio Volo e non ordinano il mio romanzo, dicendo la cazzata che non è disponibile, io mando i miei lettori su Amazon. tutti, sindacati o meno).

qui il link a Ibs (Conversazioni Sentimentali in Metropolitana, ottobre 2017, Castelvecchi Editore)

ti vogliono santa ma ti sposano puttana

«…bellino il telefilm Nurse Jakie! è umana, ha la pelle di una quarantenne e la tossicità di qualunque persona normale alle prese con un’esistenza che evidentemente non la appaga».
«e tu che ne sai? ieri sera non dovevi vedere quello con tanti capelli che hai conosciuto su FB?».
«certo, l’ho visto. l’ho fatto salire da me con la scusa di un drink e qui siamo rimasti. ma poiché sotto di lui mi annoiavo, ho fatto un po’ di zapping sui canali on demand e ho visto un paio di puntate di Nurse Jakie».
«ah»
«non potevo mandarlo a Como a becco asciutto. benché della nostra misericordia nessun uomo se ne ricorderà mai… ».
«ma mica era un cliente?».
«sì, lo so. ma che differenza fa? pensi veramente che tanti di quelli che ti fanno i complimenti per come scrivi siano interessati soltanto alla letteratura?».
«i cicisbei?,  che sembrano non poter fare a meno della mia pagina FB?, e se non gli rispondi a uno dei 400 messaggi giornalieri, spariscono come per una morte improvvisa, senza neppure dire ciao… ».

«ecco. per me gli uomini sono tutti clienti», confessa la mia saggia amica Maria Teresa, che con tre lauree fa marchette per fare la spesa.
«e d’altra parte ci trattano comunque da puttane, non considerando quanto il cambio con la sicurezza economica, in un matrimonio, possa talvolta essere svantaggioso, frustrante, e che salire alla Casa Bianca mentre le casalinghe di tutto il mondo twittano quanto sia stato facile per te aprire le gambe, sia un’ottima ragione, per una donna, per considerare ogni rapporto sotto la luce della convenienza economica. l’unica differenza è che io mi faccio pagare cash».

di là sento un ronzio sospetto: «tranquilla, per pranzo ho la passata di verdure».

beh, certo, Maria Teresa ha ragione. l’ultima volta che ho parlato con un uomo mi ha fatto l’elenco delle donne importanti della mia città che avevano offerto prestazioni di letto in cambio di una buona carriera.

«ci vogliono Sante ma ci sposano Puttane e viceversa. mai soltanto donne. e il guaio vero è che sono quasi sempre gli uomini ad assumerci».

ancora sessismo in TV. TV?

di questi orribili programmi, parlo del Grande Fratello Vip 2016, estremo tentativo di tenere in vita una formula putrescente, si nutre chi non ha mai comprato un libro in vita propria, e se lo ha fatto, durante gli acquisti compulsivi con foto, una puntata dal parrucchiere con foto, una corsa con foto, comunque il romanzo non lo ha nemmeno letto. e sono programmi che, invece, dovrebbero vedere quelli che alzano le mani minimizzando la faccenda sessismo, e fanno battute imbecilli sull’opportunità di smetterla, noi donne, femministe e scassacazzi, di stare con il fucile spianato.

e oggi, sebbene imperi sui social la notizia solita  di Elena Ferrante, il mistero che secondo alcuni giornalisti tutti vorrebbero svelare, e chi l’avrebbe “stanata” (manco fosse un animale), vorrei raccontarvi che in TV, quella che tenete accesa dalla mattina alla sera come una compagna inoffensiva, permettono a campioni Olimpici, in sovrappiù elementi delle forze armate, di dire frasi come “la lascerei a terra morta“, riferendosi alla propria compagna e all’ipotesi che lo tradisca. ovviamente faccio per primi i miei complimenti all’imbecille che ha mandato in onda l’orrore dell’intera conversazione tra il misogeno e omofobo Clemente Russo, che però “ha molti amici gay”, con Stefano Bettarini,  che ha narrato per filo e per segno i suoi tradimenti alla Ventura. ottimo gusto, direi.

il giornale Metro ha perciò deciso di censurare la cronaca settimanale programma, ed è già molto. così come il provvedimento disciplinare verso il “signore” Russo.  eppure, per alcuni ex amici “influencer”, e scusatemi ma la faccenda mi ha colpito nel profondo, ecco, secondo le amiche perfette che ogni giorno ci propinano la ricetta del cuore con tanto di pubblicità ingannevole, la vita è una giungla dove non esistono scelte etiche ma soltanto bisogni che vanno soddisfatti; e il confine tra lecito e illecito è labile se non inesistente laddove si parla di 8 milioni di euro l’anno o di un bel viaggetto ai Caraibi, e lo stesso vale per un VIP, chiunque esso sia, che soltanto perché VIP può dire un po’ ciò che gli pare, giacché conta l’impatto sul pubblico e non le parole che dici, giacché meglio essere schiavi ma celebri, piuttosto che liberi e sconosciuti.