Maestri

quando avrò il costume entrerò in parte. così dicevamo da ragazze, in Accademia, quando proprio non riuscivamo in un ruolo.
ma non è così. si è in parte anche senza costume né scena, dipende dal talento, dallo studio e dalla capacità mimetica di ognuno.
il vecchio saggio afferma: stai con gli ospiti come stessi in casa da solo e stai da solo come avessi ospiti.
la casalinga di Ardea, invece, dice: uso il congiuntivo e gli accenti giusti quando scrivo un romanzo, non quando commento su un blog o quando sto a casa rilassata con un amico.
giuro, lo ha affermato ieri una che si è offesa a morte per la mia, nemmeno diretta, provocazione.

ebbene sì, sono in grado di creare scompiglio pure qui su wordpress. luogo quieto per eccellenza.

ed ecco spiegata la differenza tra il professionista e il dopolavorista. che il dopolavorista usa l’arte per divertirsi e misurarsi con qualcosa che non sia il cartellino da far timbrare al collega, il professionista ne è ossessionato. il dopolavorista usa la pancia per scrivere, e normalmente ne vengono fuori flautolenze, il professionista sublima. il dopolavorista non tollera le provocazioni, il professionista vive soltanto di queste. il dopolavorista è permaloso, il professionista è felice di prenderne di santa ragione per migliorare. paga perfino le Agenzie letterarie. il dopolavorista non ritiene che la formazione sia importante per il lavoro, normalmente in Italia si assume per parentele, il professionista s’indebita per studiare.
perché non è vero che la Cultura si fa per lo più fuori dalle università, come dice l’esperto Fabio Volo, quello si chiama “culo”.

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Maestri di “cosa nostra”

i miei Maestri hanno sempre usato il bastone con me, nonostante avessi gli occhi luccicanti di lacrimoni. i russi della biomeccanica m’infliggevano cento flessioni in più se saltavo due piegamenti. gli attori anziani, petulanti, che guai a dire o fare qualcosa fuori dal sacro rito della messinscena. o i monaci, in Giappone, di cui dovevo seguire ogni gesto, ed espressione, per salvare il cerimoniale e tramandarlo alla prossima generazione.

così, ieri l’altro ho incontrato due Maestri della scrittura che a distanza di un’ora uno dall’altro mi hanno detto cose diametralmente opposte. mi hanno confusa, anche se credo che le strategie non abbiano alcun potere contro la società letteraria, checché ne dicano gli addetti ai lavori, che giurano pubblicamente che non c’è nessun complotto a danno degli sconosciuti e degli esordienti senza padrini.
ma è normale, non è che un mafioso non va dicendo in giro di esserlo. per cui sì, han pubblicato tutti per merito.

comunque, il primo scrittore mi ha consigliato di non pubblicare più e di aspettare un’occasione migliore, di trovare un agente bravo, per lo meno.
e io ho già preso pala e piccone, chissà che non trovi un vero talent scout sepolto in giardino, visto che dai più piccoli ai più grandi mercanteggiano tutti o in fica o in denaro.

il secondo scrittore, tra melanzane e zucchine al gratin mi ha riferito ciò che sospettavo già, cioè che l’ambiente letterario di casa nostra (o di cosa nostra, per intenderci), fa così schifo che se ci entrassi smetterei di scrivere. che sono una che non può stare sotto padrone e che non è giusto che io venda la mia libertà a questi becchini.

imparo tanto dai Maestri, io.
sono così ingenua, che ogni volta ne incontro uno e ci parlo a lungo, è come se m’immergessi nella conoscenza e nella merda.
ascoltare dalla viva voce di chi sa i retroscena di alcuni successi editoriali, mi toglie ogni speranza di riuscita.
non sono mai stata affine alle strategie né agli accordi sottobanco.