quando avrò il costume entrerò in parte. così dicevamo da ragazze, in Accademia, quando proprio non riuscivamo in un ruolo.
ma non è così. si è in parte anche senza costume né scena, dipende dal talento, dallo studio e dalla capacità mimetica di ognuno.
il vecchio saggio afferma: stai con gli ospiti come stessi in casa da solo e stai da solo come avessi ospiti.
la casalinga di Ardea, invece, dice: uso il congiuntivo e gli accenti giusti quando scrivo un romanzo, non quando commento su un blog o quando sto a casa rilassata con un amico.
giuro, lo ha affermato ieri una che si è offesa a morte per la mia, nemmeno diretta, provocazione.
ebbene sì, sono in grado di creare scompiglio pure qui su wordpress. luogo quieto per eccellenza.
ed ecco spiegata la differenza tra il professionista e il dopolavorista. che il dopolavorista usa l’arte per divertirsi e misurarsi con qualcosa che non sia il cartellino da far timbrare al collega, il professionista ne è ossessionato. il dopolavorista usa la pancia per scrivere, e normalmente ne vengono fuori flautolenze, il professionista sublima. il dopolavorista non tollera le provocazioni, il professionista vive soltanto di queste. il dopolavorista è permaloso, il professionista è felice di prenderne di santa ragione per migliorare. paga perfino le Agenzie letterarie. il dopolavorista non ritiene che la formazione sia importante per il lavoro, normalmente in Italia si assume per parentele, il professionista s’indebita per studiare.
perché non è vero che la Cultura si fa per lo più fuori dalle università, come dice l’esperto Fabio Volo, quello si chiama “culo”.
puoi leggermi qui