dunque è così, lo spirito di adattamento che è in noi umani alla ricerca di celebrità supera quello proverbiale dei ratti.
accade, infatti, che da quando giornali e televisioni e maestri di scrittura creativa e blogger di fama ripetono la stessa solfa, ossia che nessuno legge più e tutti scrivono, che non se ne può più e che basta, che l’egocentrismo ha superato gli argini e che l’ipertrofia dell’ego è una malattia incurabile, la prima cosa che leggo entrando su un blog è l’elenco puntuale di tutti i romanzi letti dal neo scrittore a partire dalle elementari. ci si adatta. e si satura anche la conoscenza.
che poi la storiella che segue la bio e il suddetto indice sia piena zeppa di errori, a cominciare dal titolo con un bel “sì” affermativo senza accento, poco importa. lo scrittore è ormai al sicuro. l’aver messo in lista le proprie conoscenze lo terrà lontano dal ludibrio di certi vecchi moralisti che credono ancora alla necessità degli accenti. saccenti, arroganti.
oggi, più che la forma, una buona e sostanziosa forma che ci faccia godere al meglio del contenuto sicuramente originale e che ci emozioni per certe trovate, vale la “verità”, vale l’emozione dichiarata che dietro tre parole sgrammaticate cela un cuore grande. perché non importa più cosa scrivi e come lo fai, per l’ignorante conta soltanto il cuore, che più è puro più sbaglia, che più è vero più emoziona. vale il buonismo a tutti i costi.
mia nonna la chiamava l’enfasi dell’imbecille. o forse era mia zia, o un mio cinico maestro di recitazione, ed è quella che arriva potente a Capodanno, che fa coppia con la scaramanzia e con l’assurda idea che basta la volontà a cambiare le cose.