stamattina leggo: Posso dirvi la mia età, il mio peso e quanti soldi non ho in banca ma non chiedetemi quanto tempo passo qui che mi vergogno.
lei è un’amica, anche intelligente, e per “qui” intende Twitter. e se non c’è il “qui” c’è il “di là” di Feisbuc, o di Istagram, o di WordPress che è ormai a tutti gli effetti un social. l’unico “nonluogo” che non è mai diventato social, pianeta disabitato dell’universo digitale che conta molti account ma non una buona interfaccia utente, è GOOGLE PLUS, per il resto passiamo le nostre ore preziose nell’attesa della gratificazione altrui da almeno tre diversi canali. in questi giorni poi, abbiamo una tale ansia partecipativa, che pare che chiudendo per qualche ora gli account, Hollande possa inviare droni senza la nostra autorizzazione.
non è passato neppure un mese dacché sono tornata e già sono più aggressiva. l’ansia da prestazione è aumentata, l’invidia per i successi altrui (meritati o meno poco importa) mi sta di nuovo rodendo, la brama di raggiungere risultati importanti m’impedisce di trovare un buon finale per il mio ultimo romanzo. ed è così che il risultato mancato diventa frustrazione. e i 300 “like” di quell’imbecille che nell’esistenza analogica sarebbe passato inosservato, un pungolo fastidioso, la spina di riccio sotto il piede: è colpa della società, della mancanza di meritocrazia, della stupidità delle persone, della banalità e dell’ignoranza che abita questi luoghi.
al contrario che per gli oppiacei, ci diciamo, auto convincendoci, che i social network servono per il lavoro. e se non servono per il lavoro sono importanti perché fanno compagnia. e se non fanno compagnia danno informazioni. e se non danno informazioni mi danno notizie dei miei cari lontani. c’è chi sostiene di stare sui social per fare studi sociologici.
non ci interessa l’opinione altrui. non a Tizio, che sta per autopubblicare e improvvisamente ti ricontatta, o all’altro che mette like a manetta perché sta per farsi la pagina FAN, o a “X”che tu non lo sapevi ma sta per fare una mostra su Istagram, perché è lì che lui fa il fotografo.
io vado a correre. ogni tanto ricordiamoci di vivere, e che della nostra opinione, il mondo, se ne frega.
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