se ti sopporto non è amore

una ragazza, ieri, su twitter, tale Lara, Nina, Viola, insomma una di quelle bellezze nascoste dietro foto e nickname, e che la sa lunga sicuramente più di me, ha scritto: che cosa si deve sopportare in nome dell’amore? ed io, che come spesso accade ragiono su certi quesiti, ho risposto, più a me che a voi: niente, non sopporti niente perché se sopporti non è amore. e su questo che per me è un principio basilare, ho anche scritto Conversazioni sentimentali in metropolitana (in uscita dopo l’estate per Castelvecchi),  ma anche Pioggia Dorata e Justine 2.0.

ho sopportato megalomania, corna e botte. il risultato è stato trovarmi con il culo per terra, senza lavoro, casa, senza figli, e nemmeno il beneficio degli alimenti. c’è chi sopporta in nome della tranquillità famigliare, commenta Brunella sotto il mio post su FB, chi come me ha sopportato perché manipolata; chi lo fa perché “meglio con lui che sola”, come aggiunge giustamente Dirce, perché c’è il mutuo da pagare, per pura pigrizia.

un’altra amica, (ma questo post è unisex), afferma di sopportare le differenze dell’altro per accrescersi chiamandole però difetti, perché la sopportazione per amore determina forza, scrive. ma io credo che sotto lo sguardo caldo dell’amore, il diverso da me mi arricchisca e basta, seppure nella distanza, e non considero quindi un difetto la sua diversità, né devo perciò sopportarla.

è questione di termini, di sfumature, credo, di allontanarci a passo svelto dall’iconografia cattolica nella quale, tra oro e rosso cardinale, si annida l’idea dell’amore come sacrificio supremo. forse è così l’amore materno, che conduce madri a farsi derubare e picchiare perché il fanciullo trentenne abbia il cellulare di ultima generazione, auto rombante e jeans di marca, perché d’altra parte Gesù era maschio, e pure barbuto, e per lo più assente, e amante delle puttane, ma non credo possa più essere così tra due adulti. perché sopportazione fa sempre coppia con dolore.

 

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